Febbre

Ricordo benissimo il momento in cui ho letto quell’articolo su gay.it. Jonathan Bazzi, l’autore, metteva nero su bianco una parte non indifferente della sua vita e lo raccontava a tutti: Jonathan è sieropositivo. 

L’ho letto e ne sono rimasto stupito, come si rimane stupiti davanti a chi con lucida serenità non ha paura a raccontarti la verità, una verità che chiunque giudicherebbe come dolorosa, sconvolgente, inaccettabile e difficilmente affrontabile. Lui no. Lui sceglieva in quel momento di raccontarla al mondo con una consapevolezza al limite del fastidioso. Perché lo fa? Quale oscuro secondo fine c’è dietro?

Dieci giorni fa ho saputo dell’uscita del primo libro di Jonathan Bazzi, un’autobiografia: Febbre. Edito da Fandango Libri.

Febbre non dà tempo, non dà il tempo di essere assaporato e digerito. Febbre esige di essere letto d’un fiato. Tra le pagine scorre il dolore dell’infanzia in una periferia degradata di Milano, fatta di dolori e di valori scomposti, assenti. Tra le righe passano le emozioni di un ragazzo omosessuale che non fatica ad accettarsi, ma che di riflesso soffre sapendo di dover attendere l’accettazione degli altri. Sono pagine di amare verità, di famiglie scombussolate, dove l’amore e le attenzioni per un figlio non hanno purtroppo nulla di scontato. 

Sono sopratutto le pagine di un ragazzo che si scontra con una malattia di tutti e di nessuno. Una malattia che non lascia scampo perché tocca tutti, maschi, femmine, grandi, piccoli, etero, omosessuali. Ma che in fin dei conti non è di nessuno. Non ci tocca, non ci riguarda, non ha nome, non va nominata. Non è dato sapere, non è dovuto informarsi. Jonathan vive Milano e non si può non camminargli accanto tra ospedali e studi medici, non si riesce a non vivere la sua stanchezza, i brividi e il sudore che una febbre continua e insistente non lo lascia andare.

In questo errare di Jonathan tra le vie di Milano non ho potuto non immaginare che le nostre strade si siano incrociate. Mentre Jonathan scopriva la sua malattia vivevo già a Milano. Autobus, locali, discoteche, bar, università. Chissà se e dove ci siamo incontrati, senza sapere nulla l’uno dell’altro. Ignorando io tutto della sofferenza che portava con sé. Sconosciuti un tempo, proprietario della sua storia oggi.

Febbre è un libro semplicemente necessario. È un libro per tutti.

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