La verifica nel team

Uno degli insegnamenti più forti avuti dal percorso scout, che ho frequentato dai 10 ai 20 anni, è il modo in cui si costruiscono le imprese. Le imprese sono delle attività, dei progetti, che si realizzano durante l’anno. Che si tratti di costruire un tavolo, di girare un film, di organizzare la route estiva, tutti i “progetti” lunghi o corti sono divisi in fasi:
1. l’ideazione 2. il lancio 3. la progettazione 4. la realizzazione 5. la verifica 6. la fiesta.

Che tu sia grande o piccolo, che tu ne riesca già a individuare queste parti ben definite o sia tu stesso, da capo, a consigliarle ai ragazzi, esse accompagnano la formazione della persona.

Da quando sono entrato nel mondo del lavoro, non molto tempo fa, cerco sempre di individuarle anche nei progetti sui quali mi si chiede di lavorare. Da sempre, però, il momento che mi rende più sofferente, perché ritengo che sia quello più di crescita per un team, e che viceversa ho trovato meno, è proprio quello della verifica.

Negli scout lo chiami consiglio della rupe — ai lupetti — consiglio della legge — in reparto — a lavoro l’ho sentito chiamare verifica o debriefing. Qualche volta io lo colloco sotto un più colloquiale “parliamoci”.

Ci ho provato. Dico ai colleghi “sì bello tutto, bravi tutti, ma ora PARLIAMOCI!”. La verifica è un momento fondamentale per crescere. Troppe volte ho visto lavorare per giornate intere semplicemente male, in ritardo, senza scadenza, con persone che mancano di responsabilità, che non si parlano, che non organizzano il tempo, comunicazioni a rilento, faticose, tempo sprecato. A chi non è capitato? Eppure non sai come, ma allo scoccare della consegna… si consegna. Non solo il team ha portato a termine il lavoro, ma l’ha fatto nel migliore dei modi, il risultato è ottimale, il cliente si complimenta, tutti sono felici e contenti.

Ecco. In quel preciso istante non devi commettere l’errore di festeggiare e di dimenticarti ciò che stava succedendo fino a un attimo prima: quel delirio che ti dava ai nervi e che tutti riconoscevano come poco salubre.

Datti una pacca sulla spalla, tira un sospiro di sollievo, recupera le ore di sonno perse…ma poi, ancora prima di festeggiare e stappare la bottiglia di spumante fai il debriefing, la verifica, parlati!

È sempre difficile tra colleghi dirsi delle cose, forse pesanti e saperle accettare, lo scoutismo mi ha sempre aiutato in questo. Non credo di essere una persona permalosa, ma preferisco un feedback sincero, anche negativo, che mi serva per crescere e migliorare, piuttosto che continuare a reiterare un errore senza venirne a capo. Come dico spesso: da un amico sincero preferisco sentirmi dire che puzzo, altrimenti che amico è?

Ecco, un team, se vuole crescere in quanto team, deve sapere accettare le critiche, scriverle su un pezzo di carta, farne tesoro per evitare di ricascare negli stessi errori.

Sì, ma come lo fai? Chi inizia? Questo è il difficile, resto convinto che se la prendi come abitudine e rendi la verifica un atto normale, una routine che inizia come una regola, presto non potrai più farne a meno.

Negli scout c’è un metodo di verifica ben consolidato. L’ho sempre trovato ben funzionante (o meglio da piccolo è una forzatura, da grande sei abituato e lo apprezzi). Provo a riassumerlo in qualche punto:

  1. La verifica va fatta a caldo, non bisogna aspettare le settimane, non si deve aspettare che “l’incazzatura passi” ma anzi, che i motivi di quell’incazzatura siano freschi nella memoria, così da discuterne subito nell’ottica di risolverli. 
  2. Fissa dei temi, che NON sono obbligatori per ciascuno, ma possono essere una linea guida per il team. Aspetti che pensi siano stati critici nel flusso di lavoro. (esempio: scadenza, comunicazione e creatività. Flusso di lavoro, ruoli e gestione del tempo.) Non obbligare nessuno a trattarli tutti, ma una strada maestra può aiutare a non dimenticare nulla.
  3. Fatto questo, dai al team il tempo che serve, non farlo di fretta. Siediti intorno a un tavolo e guardati negli occhi. Dal primo all’ultimo, tutti devono prendere la parola e fare la propria verifica. 
  4. Non è un dibattito. Questo momento non è una gara tra la dialettica di uno e la dialettica di un altro, dove c’è un vincitore che ha ragione e uno sconfitto che ne esce con le ossa rotte. Ciascuno può prendere la parola, parlare per 1, 5 o 10 minuti e dire ciò che vuole senza aspettarsi o dover chiedere risposte. Nessuno deve essere interrotto. È un flusso di pensieri che tutti ascoltano. Ciascuno verifica il proprio lavoro, ciò che è piaciuto e non è piaciuto di me, in cosa posso migliorare, in cosa credo di essere stato utile. Ma anche cosa mi aspettavo dagli altri, cosa non ho trovato, persone a cui voglio dire grazie o con cui ho lavorato molto bene.
  5. Prendi appunti, dai l’incarico a qualcuno di segnare i punti fondamentali verificati da ciascuno, che servano per tenerli nero su bianco, per trovare in cosa può migliorare l’intero team e quali sono i punti fondamentali. Ma non usare questi appunti per rinfacciarli in futuro. “Avevi detti che volevi occuparti di più di questo aspetto e non l’hai fatto”. No. Tienili li, rileggili per migliorare, ma non trasformarli in un’arma.
  6. Quando hai finito festeggia, riconosci che questo momento è stato utile e serva a tutti per crescere, migliorare, evitare di ricommettere gli stessi errori. Apri una bottiglia di vino, brinda, abbracciati. È meglio dirsi le cose e crescere che continuare a lavorare in un modo che non piace a nessuno.
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Questo è un metodo, uno. Forse fin troppo definito e forte. Puoi trovarlo utile o fartici una risata sopra. Ma trovane uno, utilizzalo e chiedi ai tuoi colleghi di farlo. Non farti una risata quando qualcuno ti dice “verifichiamo il progetto? Ci parliamo?”. Il limite più grande di un team è continuare a sbagliare, dimenticarsi degli errori un istante dopo la consegna e continuare a vivere con tensioni interne senza fare assolutamente nulla per correggersi.